Non apriamo quel segnale! Lottiamo contro i treni militari!

L’accordo Leonardo-RFI siglato lo scorso 15/04/2024 sancisce definitamente la militarizzazione della rete ferroviaria e di parte del trasporto ferroviario cargo italiano. Tuttavia è bene precisare che l’accordo di aprile ufficializza solo ciò che era già in atto da tempo, in quanto sia RFI che il settore cargo FS sono all’opera sul tema militare da prima della firma d’intesa Leonardo-RFI. Chi opera nel settore è ben conscio infatti dell’intensità crescente della mobilitazione bellica su ferrovia (anche da basi NATO ben presenti in Italia) e di come la documentazione tecnica di autorizzazioni a tali tipologie di trasporti sia in costante aumento, precisamente dall’inizio della guerra in Ucraina. L’escalation militare – seppur graduale fino a non molto tempo fa – ha subito quindi un’importante accelerazione con la firma di aprile, il che lascia presagire (senza alcun dubbio) un sempre più consistente rinforzo di armi, munizioni, mezzi e milizie a ridosso del conflitto ucraino.
La movimentazione ferroviaria bellica, in aggiunta alla follia di accrescere in modo esponenziale il rischio dell’allargamento della guerra nel resto d’Europa (e forse non solo in Europa), pone una serie di criticità già sul suolo italiano. Innanzitutto stiamo parlando di “merci” classificate – nella normativa che regolamenta il trasporto delle merci pericolose per via ferroviaria “RID” (International Carriage of Dangerous Goods by Rail) – come “Classe 1 Materie e oggetti esplosivi”. Se da un lato può essere vero che non tutti i treni militari trasportano esplosivi è anche vero che molti convogli lo fanno e tutto ciò va quindi a gravare su un’organizzazione del lavoro e una valutazione del rischio di sicurezza ferroviaria già traballante di suo. I freni dei treni merci, ad esempio, sono quelli “innovativi”, cioè il sistema frenante anti-rumore. Per intendersi sono quei freni che hanno rischiato di scatenare una Viareggio bis il 3 febbraio 2023, quando un treno carico di GPL si è fermato nella stazione viareggina con un principio d’incendio proprio a causa del bloccaggio dei freni sulle ruote di un carro (si parla di un serraggio che è durato per più di 5 km, con rischio di deragliamento annesso). Rischi ferroviari che sono comunque molteplici se si pensa ai continui incidenti mortali ai passaggi a livello (Caluso, Thurio di Corigliano Rossano), ai deragliamenti (Viareggio, Pioltello, Livraga), agli scontri frontali tra treni (Andria e Corato). È quindi lecito affermare che il pericolo per lavoratori/lavoratrici e collettività che si trovano nelle vicinanze di questi treni sia potenzialmente in ulteriore pericolo. A questi fattori va sommato il fatto che sia la rete ferroviaria con tutto ciò che la circonda (strade, abitazioni ecc.) che gli stessi treni possono essere catalogati quali elementi sensibili di attacco dal “nemico”.
Tornando all’accordo Leonardo-RFI è opportuno sviscerare dei passaggi del relativo comunicato stampa, che sono tanto inquietanti quanto testimoni di una volontà certa – nonché di una consapevolezza – della preparazione europea alla guerra totale: “un’iniziativa Ue finalizzata ad aumentare le capacità infrastrutturali e digitali esistenti, per assicurare la movimentazione di risorse militari, all’interno e all’esterno dell’Europa, anche con breve preavviso e su larga scala, garantendo capacità di trasporto sicure, sostenibili e resilienti (…) “Leonardo e RFI si propongono di identificare l’architettura e le funzionalità della piattaforma digitale integrata di gestione della circolazione dedicata alla Military Mobility, in situazioni ordinarie e straordinarie per il trasporto di materiale militare attraverso infrastrutture dual-use” (…) supporto di tecniche avanzate di A.I. su più fronti (…) analizzare potenziali minacce cyber”. Inoltre nel testo del comunicato (tra l’altro abbastanza sintetico) la parola “Sicurezza” viene usata ben 5 volte. Altro elemento quindi da attenzionare.
Risulta inoltre interessante analizzare alcune recenti dichiarazioni del governo italiano, le quali affermano che “il governo non è favorevole in alcun modo all’ipotesi di un intervento diretto di truppe di paesi Ue in Ucraina, poiché foriera di una escalation pericolosa da evitare ad ogni costo”. I fatti però ci parlano di altro. L’accordo Leonardo-RFI è, tra le varie cose, un’iniziativa UE e in quanto tale non lascia alcun dubbio su cosa l’Europa stia preparando sul versante ucraino. Inoltre certe esternazioni governative lasciano il tempo che trovano considerate le spese di guerra che l’Italia sostiene da anni e che sono in continuo aumento (la spesa militare italiana complessiva “diretta” per il 2024 sarà di circa 28,1 miliardi di euro, con un aumento di oltre 1400 milioni rispetto alle medesime valutazioni effettuate sul 2023) come sono in continuo aumento i ricavi delle vendite di armi (oltre 14 miliardi di euro di ricavi che fanno dell’Italia il sesto Paese al mondo nel settore della difesa). Se quindi questo governo e i precedenti esecutivi, nonché le forze parlamentari che votano a favore, hanno sempre sostenuto guerre, eccidi e genocidi risulta difficile credere a intenzioni di apparente buon senso o almeno non guerrafondaie. Non per ultimo è bene anche guardare a come la normativa italiana su importazione, esportazione, commercio e transito di armi e munizioni (legge 185 del 1990) e l’articolo costituzionale n.11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo” siano solo considerati orpelli da fare e disfare nel momento del bisogno. Lo Stato borghese, in sintesi, ha sempre mostrato in modo esemplare la sua essenza capitalistica sfrenata, dove il fine lucroso giustifica i mezzi (in questo caso mezzi militari) e – al contempo – la volontà di accrescere, mantenere e esercitare il potere in ogni forma che possa essere utile a consolidare l’ordine costituito.
In questo scenario il Gruppo FS si sta intanto arricchendo, decantando utili record (i ricavi operativi nel primo trimestre 2024 superano i 4 miliardi di euro con un +25% rispetto al 2023) e Leonardo – azienda a controllo Ministero dell’Economia e delle Finanze con il 30,204% delle azioni – accumula profitti (sono passati da 40 a 459 milioni nel giro di pochi mesi) che grondano del sangue dei bambini e delle bambine di tutto il mondo grazie alle super vendite di sistemi militari all’Ucraina, a Israele e a tutti i regimi in guerra. Quindi, mentre ci sono società e persone che guadagnano miliardi su miliardi, il personale ferroviario continua a dover lottare sui temi di salute e sicurezza dove, diversamente dal fronte militare, vengono operati continui tagli.
A fronte di questi tagli i macchinisti, i capitreno e i manutentori RFI si sono mobilitati in assemblee autorganizzate e autoconvocate, proclamando scioperi firmati direttamente da lavoratori e lavoratrici, dove vengono rivendicati migliori condizioni di lavoro e più sicurezza. La domanda che ci poniamo adesso è se il personale ferroviario saprà affrontare questo ulteriore ostacolo, perché la guerra è entrata in una fase ancora più cruciale, in modo peraltro prepotente, anche tra i ferrovieri e le ferroviere. Se prima poteva essere considerata un qualcosa di astratto anche ai meno attenti alle questioni politiche, adesso “siamo arrivati al dunque” e dovranno pertanto essere prese – prima o poi – delle decisioni importanti. Difficile infatti ipotizzare qualcosa di diverso dalla preparazione a una guerra che esce dal territorio russo-ucraino e ora, su un carico pesante di lavoro, la scarsa sicurezza e la salute a rischio, si abbatte la tegola bellica con tutto ciò che può comportare.
È impellente quindi vederci, parlarci, organizzarci, per affrontare questo tema che è allo stesso tempo delicato e vitale. La difesa del posto di lavoro e del salario dovrà contemperare sia la nostra dignità di esseri umani sia una sana obiezione di coscienza contro tutte le mattanze in giro per il mondo. Per fare questo sarà necessario coordinarci con tutte quelle realtà che sono già operative sul tema militare, nonché sensibilizzare la collettività su una tematica che non deve vederla come mera spettatrice ma invece come parte attiva allo stop delle conflittualità presenti e future.

Un attivista ferroviere

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